martedì 11 giugno 2013

Dell'Anfiteatro e di altri demoni.

Che bella la città in cui vivo, Santa Maria Capua Vetere. Ha un sacco di gente per bene, inquadrata, un sacco di  avvocati, la città in cui vivo. Ha un sacco di posti da poter visitare, la città in cui vivo. Uno di questi è l'Anfiteatro Campano, il secondo (dopo il Colosseo) per grandezza. Però ha un difetto: non è conosciuto, è tenuto con poca cura, davvero poca, infatti, qualche tempo fa alcuni ragazzi sono entrati al suo interno di notte distruggendo un pezzettino di storia. Però sono cose che succedono, sono bravate tipiche di quella fetta di popolazione ignorante e superficiale. Si va avanti. E si va avanti mettendo  delle telecamere. Il problema del turismo però resta lo stesso, nonostante disti solo cinque chilometri dalla Reggia di Caserta. «Sì, va bene, però anche lì è in calo il turismo». Torniamo all'Anfiteatro Campano. Come risolviamo il problema del turismo che manca? Come lo facciamo conoscere al mondo questo sito archeologico che ha visto le magnifiche gesta dei gladiatori combattere nella sua arena? Lasciamolo innanzi tutto così com'è, privo di cura. Adesso va di moda il vintage. Sembrerà falsamente trascurato. Lasciamo che i cunicoli, imbevuti di storia con la S maiuscola, si inondino con acqua piovana che diventa stagno. Il verde melmoso che ne conseguirà va di moda quest'anno, pure lui. Ah, e ovviamente, lasciamo che i sentieri che percorrono bambini e adulti restino quell'ammasso di ghiaia e pezzi taglienti di mattonelle, fa più "work in progress". Step successivo, ragazzi, non ci distraiamo: il turismo, questo sconosciuto, come lo incentiviamo? «E se iniziassimo con la manutenzione e poi, una volta pronti, lo promuovessimo innanzi tutto creando un vero e proprio circuito che dia la possibilità ai turisti di passare dalla Reggia di Caserta, quella di Carditello, le meraviglie del Mitreo, le botteghe del tintore, del bronzo, i vari decumani e questo circuito diventasse un pacchetto da poter vendere? Magari anche creando un sito internet, delle attrattive per le scuole, per i ragazzi, in modo che si rendano conto finalmente della storia che sono abituati ad ignorare tutti i giorni» «No, non c'è nemmeno un info point all'interno dell'Anfiteatro. Non c'è nemmeno un bookshop, non esiste nemmeno una cartolina del sito archeologico.» Giusto. Allora concentriamoci su questo, lasciamo stare la manutenzione, archiviamola un secondo. La sicurezza? Anche. Il fatto che di notte ci siano almeno dieci diversi punti dai quali poter scavalcare la bassissima ringhiera ed intrufolarsi al suo interno? Non è un problema. Facciamo il bookshop. Mettiamoci insieme, tutti gli enti pubblici, la soprintendenza, l'amministrazione comunale, le associazioni...anzi! Idea! Chiediamo a tutti gli artigiani (e sono tanti) di creare una serie di gadget, facciamo bandi pubblici, chiediamo anche ai competenti, agli studiosi, archeologi, e perchè no, anche ai ragazzi che studiano Beni Culturali, a soli cinquanta metri dall'Anfiteatro, di scrivere una guida turistica che illustri il sito. No, sono cose da dover far fare ai privati, queste. Ci togliamo i pensieri, non informiamo i cittadini, facciamo fare una gara d'appalto e diamo i soldi a chi la vince. Sì, molto più semplice. Chissene degli artigiani, professori, archeologi, studenti. Loro fanno già qualcosa, no? Chiediamolo a chi è completamente esterno alla città. Ma poi c'è il colpo di genio. All'improvviso, spunterà un'impalcatura coperta da alcuni teli con le stampe che pubblicizzano il Museo  dell'Antica Capua, e questa struttura colpisce l'occhio perché è sopraelevata, in traiettoria con il paesaggio che mostra la struttura archeologica. «Ma cosa è 'sta roba? Perché hanno messo questa cosa qui? Nasconderà qualcosa? Guarda...il pavimento è stato rotto in questi punti, vicino, sbirciamo attraverso i teli, vediamo cosa nasconde al suo interno» E si scopre una canna fumaria. All'interno dell'Anfiteatro, pare stia nascendo una struttura. Lì dove avevano intenzione di fare un bookshop, un info point ed una biglietteria, sta aprendo un ristorante. Una catena di ristoranti biologici, nulla a che vedere con i ristoratori nostrani. Un'associazione ha vinto la gara di appalto, che vuoi fare, è regolare, le cose vanno così. La canna fumaria non è a norma di legge. Dovrebbe essere più alta dei palazzi che ha intorno, così che i fumi non vadano a finire dritti nelle case. E vabbè, sono dettagli, dai, non ti fossilizzare su queste idee antiche, lascia che il progresso vada avanti, d'altronde era quello che volevamo, no? Che mancava alla nostra città. Così si passa all'inaugurazione. Del ristorante, bookshop, info point e biglietteria. Tutti nella stessa struttura. Peccato che la biglietteria sia anche la cassa del ristorante e non abbia lo spazio di accogliere più di sei persone in fila. Però, oh, guarda: hanno fatto le cartoline, la guida, i gadget. Chi li ha fatti? Sempre  la stessa associazione estranea alla nostra città che ha vinto la gara di appalto. Una domanda inizia ad insinuarsi nelle teste: "Ma un bene, potenzialmente patrimonio dell'UNESCO, (perché non lo è ancora?) come l'Anfiteatro Campano, è giusto venga lasciato in mano ai privati?" La risposta alla domanda sarà sempre sì. Sì perché il privato sa come gestire i fondi, il privato sa come farli fruttare, è nel suo interesse. E tutti sono contenti di questa risposta. Se arrivano i turisti, allora tutta la città ne beneficerà. All'inaugurazione, un sacco di gente importante, l'amministrazione comunale al completo che ha fatto pubblicamente pace con la soprintendenza, volti noti di Santa Maria Capua Vetere, sempre gli stessi, che non vedevano l'ora di essere coinvolti. Arriva il discorso, stai zitto. «Siamo molto orgogliosi di quello che quest'associazione -il nome lo ometto, per quieto vivere- ha realizzato. È importante ricordarvi che adesso questo spazio appartiene ai cittadini, che devono sentirsi orgogliosi anche loro nel venire qui a prendersi un caffè. Il turismo? Beh, quello viene dopo. I pullman pieni di gente verranno dopo, vedrete. Non abbiamo ancora un piano, ma verrà. » Però c'è gente inquieta, che ascolta questo discorso. Gente che si chiede cosa stia succedendo, se sia giusto. I più, infatti, dicono no. Occorre un piano per mettere a tacere questi cervellini pensanti. Cosa facciamo? Facciamo che per l'inaugurazione del ristorante chiamiamo i 99 Posse, noto gruppo di dissidenti, antifascisti, anticapitalisti, così tutti questi giovani comunistelli crederanno che non è un male quello che abbiamo creato. Ed i 99 Posse accettano. Un gruppo di ragazzi chiede un confronto con loro che, a quanto pare «Noi non sapevamo nulla, uagliù, non possiamo annullare adesso, a due giorni dal concerto» Va bene. Però parliamone, prima del concerto. E sia. Una volta esposto il problema, i problemi, i 99 Posse, gruppo noto per le sue battaglie, per il combattere sempre le ingiustizie dello Stato, risponde «Però noi abbiamo famiglia, ci servono i soldi, non possiamo dire  cose che ci compromettono, tengo il bambino piccolo. Mi hanno spaccato la testa l'altro giorno, guarda il sangue  sul colletto del giubbino. Non è tintura, oh.» Beh, che dire, avete ragione. Ce ne faremo una ragione, accetteremo che i privati vadano avanti e noi beneficeremo dei caffè attraverso le vetrate che mostrano l'Anfitetatro. Così siamo tutti più contenti, e zitti. Chi se ne importa del fatto che un sito storico di questa portata sia in mano ad un privato. Chi se ne importa che le canne fumarie deturpino il paesaggio, chi se ne importa che le associazioni nostrane non potranno mai intervenire liberamente
. Chi se ne importa, anzi, sai che faccio? Me ne vado a vivere fuori, tanto 'sto posto non c'ha nulla. Com'è bella la città in cui vivevo. Adesso che non ci sto più, mi manca.

lunedì 9 luglio 2012

Bocca di Plastica



Forse solo per un lungo interminabile attimo sono stata capace di fermarmi, per permettere alle immagini che scorrono fuori il finestrino di parlarmi. E ho guardato gli alberi correre.
E ho scoperto che sono il mio riflesso. I fari che illuminavano l'asfalto caldo di una giornata
con troppe macchine per essere chiamata giornata. Un desiderio nello stomaco, una musica stonata di violini. Ho respirato forte, morso le labbra e toccato il vetro convinta di poter raccogliere fotogrammi di tempo e di poterli poi mangiare, assaggiare...
Scorreva tra le mie ciglia di rimmel l'immagine di ricordi increspati dalla nausea di
essere quello che vogliono gli altri. Le palpebre si sono strette, le ho sentite umide, mi sono sorpresa ed ho riso.
La slot machine è partita, tutti abbiamo tirato la sua leva ma a Las Vegas ci sono possibilità infinite e nessuno ti dirà mai di fermarti. Fino a quando ne avrai la forza ostenterai sorrisi plastici e mani provate da ammoniaca. 
Forse adesso vorrei farmi più in là.
Fuggire per non essere vista è stato divertente, nascondere la mia presenza dietro gli altri e poi uscire quando il mio pensiero era poco più che un ricordo di uno straniero, un giorno, per caso. Sono andata veloce, troppo veloce, il vento è sempre stato il mio parrucchiere ma adesso, in questa scatola triangolare devo raccogliere il tempo, il fiato ed essere letta, letta da chi non ha gli occhi per godere delle immagini della realtà, letta da chi ha la sua immaginazione e gli odori, le sensazioni e nient'altro. Guardata da un  cieco.